Prof. Avv. Stefano Vinti, “Legittimazione attiva e passiva e contenuti delle domande nei diversi giudizi di ottemperanza ex art. 112 cpa”

By 31 Marzo 20202020, News

Con una recente sentenza, il Consiglio di Stato, Sez. V, ha ribadito le caratteristiche dell’azione di ottemperanza nonché dell’azione per chiarimenti, ai sensi dell’art. 112, comma 5, cpa, precisando chi possa considerarsi legittimato attivo alla proposizione delle richiamate azioni e quale sia il ruolo degli altri soggetti, anche privati, coinvolti nel contenzioso che si è concluso con la sentenza da ottemperare.

Nel giudizio in esame, in materia di appalti, la parte soccombente del giudizio di merito, che si era vista annullare l’aggiudicazione in suo favore e disporre il subentro della parte ricorrente, difesa dal Prof. Vinti, ha proposto ricorso per l’ottemperanza della sentenza di merito, nonché ricorso per chiarimenti, ai sensi del comma 5 dell’art. 112 cpa, chiedendo al Giudice di valutare la sostanziale ineseguibilità della sentenza ottemperanda, “per conservare il bene della vita a suo tempo attribuitole dall’atto poi dichiarato illegittimo dal giudice amministrativo [i.e. aggiudicazione], sino a spingersi, in senso strumentale a tale intendimento, a evocare una forma di soddisfazione dell’interesse [meramente risarcitoria] della parte vittoriosa del giudizio diversa da quella specificamente accordata dal giudice” [subentro].
Ebbene, con la pronuncia n. 818 del 31 gennaio 2020, la Quinta Sezione del Consiglio di Stato, in accoglimento delle eccezioni mosse dall’impresa vincitrice nel merito, con riferimento al giudizio di ottemperanza vero e proprio, ha chiarito definitivamente che “il Codice del processo amministrativo delinea il ricorso di ottemperanza come strumento che il soggetto che sia risultato vittorioso nel giudizio di cognizione o in altra procedura a questa equiparabile può utilizzare al fine di ottenere l’adempimento dell’obbligo della pubblica amministrativa di conformarsi, per quanto riguarda il caso deciso, al giudicato (Cons. Stato, Ad. plen., n. 2 del 2013; IV, 15 luglio 2019, n. 4946; 17 dicembre 2012, n. 6468).”

Di conseguenza, l’unico legittimato attivo alla proposizione di tale domanda è la parte risultata vittoriosa nel giudizio di merito, mentre la parte soccombente, anche privata, è legittimata passiva.
Ha, altresì, chiarito il Consiglio di Stato che “le posizioni della parte soccombente e di quella vittoriosa nel giudizio di merito, ai fini della proposizione del giudizio di ottemperanza, non sono interscambiabili,” in quanto, secondo un principio di portata generale, “nel giudizio di ottemperanza le parti conservano la stessa posizione processuale che avevano in quello terminato con la pronuncia da ottemperare (IV, 25 giugno 2010, n. 4096), conclusione cui si perviene, del resto, anche considerando che l’interesse ad agire in sede di ottemperanza non è altro che un prolungamento in altra forma processuale dell’interesse ad agire che ha retto il giudizio di cognizione e che è stato valutato nella sentenza di cui si chiede l’ottemperanza.
Conseguentemente, il Consiglio di Stato ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso ex art. 112 cpa per carenza di legittimazione attiva della parte risultata soccombente nel giudizio di cognizione, evidenziando peraltro come l’utilità perseguita dal ricorrente sia opposta a quella tipica del giudizio di ottemperanza.

Quanto al ricorso per chiarimenti, il Consiglio di Stato ha avuto modo di chiarire che “la parte privata vittoriosa in sede di cognizione non è legittimata a chiedere chiarimenti al giudice amministrativo in ordine alle modalità di ottemperanza al giudicato da parte dell’Amministrazione soccombente, potendo agire ai sensi del comma 2 per l’ottemperanza della sentenza ogniqualvolta la parte pubblica soccombente non vi provveda”, mentre solo l’Amministrazione, o il commissario ad acta, costituiscono “I (Cons. Stato, IV, 17 dicembre 2018, n. 7089; 17 dicembre 2012, n. 6468; V, 19 giugno 2013, n. 3339).”

Ed invero, “l’azione in parola consente al giudice adito (solamente) di fornire chiarimenti su punti del decisum che presentano elementi di dubbio o di non immediata chiarezza, senza che possono essere introdotte ragioni di doglianze volte a modificare e integrare il proprium delle statuizioni rese con la decisione di merito (ed è altresì, ovviamente per sua natura e finalità, del tutto inidonea a far valere pretese e domande in ordine a statuizioni che hanno assunto valenza di cosa giudicata e perciò stesso intangibili).”

Alla luce di quanto esposto, la Quinta Sezione ha dichiarato inammissibile la domanda per chiarimenti “perché proposta dalla parte privata soccombente nella sentenza della cui esecuzione si tratta, tenuto conto del principio per cui, di regola, solo l’amministrazione (o il commissario ad acta) ha l’iniziativa per eseguire la sentenza, e quindi essa sola (e non la parte vittoriosa in giudizio, e neanche, a maggior ragione, la parte soccombente) può richiedere specifici e puntuali chiarimenti al giudice (da ultimo, Cons. Stato, IV, n. 7089/2018, cit.) e soltanto ove strettamente necessario.
Inoltre, dal momento che la Stazione appaltante, nel costituirsi nel giudizio in esame, aveva “rimesso all’apprezzamento del Collegio ogni decisione sulle domande proposte dalla ricorrente e ogni indicazione sulla corretta esecuzione della sentenza di cui trattasi”, il Collegio ha ritenuto di dover precisare che “l’eventuale adesione, espressa o tacita, prestata dall’amministrazione in un mero atto defensionale depositato nell’ambito di una richiesta di chiarimenti ex art. 112, comma 5 proposta da un soggetto non legittimato non vale a sanare l’inammissibilità di quest’ultima. Tale posizione processuale non può infatti essere ragguagliata a una valida forma di espressione dell’esercizio della responsabilità dell’amministrazione nell’individuazione delle modalità e dei termini di esecuzione della sentenza, che comporta necessariamente anche la responsabilità di enucleare autonomamente le questioni eventualmente rilevate al riguardo al fine della loro sottoposizione al giudice, e ciò anche qualora tali questioni dovessero costituire l’effetto di osservazioni delle parti private interessate, trattandosi di una condizione che ne attesta l’avvenuto vaglio da parte dell’autorità pubblica e, indi, la serietà, la conferenza e la rispondenza dei quesiti per l’effetto formulati alle oggettive difficoltà incontrate nell’esecuzione del giudicato.

In conclusione, considerato che i chiarimenti richiesti non evidenziavano elementi di dubbio o di non chiarezza del decisum relativo al subentro, essendo viceversa volti a stravolgerne il puntuale contenuto, e non potevano ritenersi neanche afferenti a questioni concretamente insorte nel corso dell’esecuzione, ancora nemmeno avviata, il Consiglio di Stato ha statuito, anche sotto questo profilo, l’inammissibilità del ricorso proposto, in quanto volto ad “un non consentito tentativo di orientare la futura azione amministrativa”, ricordando che “l’art. 112, comma 5 Cod. proc. amm. “configura un potere di ‘interpretazione autentica’ del giudicato in capo al giudice amministrativo, ma non un potere di consulenza nei confronti delle parti e segnatamente nei confronti della parte pubblica” (Cons. Stato, VI, 25 novembre 2012, n. 5469).”