Con la sentenza n. 7493 del 26 agosto 2022, la quinta sezione del Consiglio di Stato ha respinto l’appello promosso dall’Associazione Pendolari Piacenza e la Confconsumatori APS, confermando la difesa svolta dal Prof. Avv. Stefano Vinti in merito ai presupposti per l’azione di class action pubblica.
La vicenda trae origine dal ricorso promosso dall’Associazione Pendolari Piacenza e la Confconsumatori APS, dinanzi al T.A.R. Lombardia – Sede di Milano, ai sensi dell’art. 1 del d.lgs. n. 198/2009 (c.d. class action pubblica) nei confronti della società Grandi Stazioni Retail S.p.a., rappresentata e difesa dal Prof. Avv. Stefano Vinti.
In particolare, i ricorrenti rilevavano che dai mappali della Stazione era evidente una situazione di netta sproporzione tra le aree dedicate alle attività commerciali e quelle dedicate al servizio ferroviario, ovvero all’interesse pubblico.
Le ricorrenti si dolevano degli standard qualitativi insiti, ex lege, nella definizione stessa dei beni a destinazione pubblicistica, ravvisando una lesione diretta, concreta ed attuale degli interessi dei loro rappresentati, come conseguenza del comportamento posto in essere dal gestore.
A detta di parte ricorrente: “i beni destinati a pubblico servizio non possono essere sottratti alla loro destinazione senza il consenso dell’ente. Il servizio ferroviario deve essere considerato un servizio pubblico e tale qualifica comporta e richiede che la gestione del servizio possa essere conformata (dalla legge o da provvedimenti amministrativi) anche nelle scelte di organizzazione e gestione in modo di soddisfare al meglio le esigenze della collettività”.
I primo grado, i Giudici meneghini hanno respinto il ricorso ritenendo infondata l’azione in ragione dell’assenza dei requisiti oggettivi richiesti dalla legge ai fini della class action, in quanto le ricorrenti non avevano fornito alcuna indicazione specifica sugli standard qualitativi violati, facendo riferimento a generici livelli di qualità derivanti dalla destinazione pubblica del servizio, e non avevano neppure chiarito quali erano le disposizioni dell’Autorità preposta alla regolazione ed al controllo del settore contenti gli standard asseritamente violati dal gestore.
L’Associazione Pendolari Piacenza e la Confederazione Generale dei Consumatori hanno proposto appello avverso la suddetta decisione lamentando un’errata interpretazione della disciplina di riferimento.
La parte appellata, difesa dal Prof. Avv. Stefano Vinti, nel ribadire le eccezioni sollevate in occasione del giudizio di primo grado, ha rilevato come le associazioni appellanti in primo grado non avessero dimostrato che nella fattispecie contestata ricorresse effettivamente una ipotesi di “violazione di standard qualitativi ed economici” siccome prefigurata dall’art. 1, comma 1, del citato d.lgs. n. 198/2009, ai fini della esperibilità della c.d. class action pubblica.
Ed invero, la Grandi Stazioni Retail S.p.a. ha ribadito che il presupposto di ammissibilità dell’azione deve necessariamente passare attraverso la verifica della sussistenza di uno dei seguenti comportamenti tipizzati:
a) la violazione di termini o la mancata emanazione di atti amministrativi generali obbligatori e non aventi contenuto normativo da emanarsi obbligatoriamente entro e non oltre un termine fissato da una legge o da un regolamento;
b) la violazione degli obblighi contenuti nelle carte di servizi;
c) la violazione di standard qualitativi ed economici stabiliti per i concessionari di servizi pubblici, dalle Autorità preposte alla regolazione ed al controllo del settore e per le pubbliche amministrazioni.
La difesa della parte appellata ha, infatti, sottolineato come la controparte avesse eccepito la violazione di standard qualitativi senza fornire tuttavia alcun richiamo ad una normativa asseritamente violata o a disposizioni dell’Autorità preposta alla regolazione ed al controllo del settore (nel caso in esame Autorità di Regolazione dei Trasporti, c.d. ART) anch’esse non rispettate.
Il Consiglio di Stato, con la sentenza in commento, ha confermato quanto eccepito dal Prof. Avv. Stefano Vinti, respingendo l’appello in quanto infondato.
Il Collegio, nel ribadire la mancanza dei presupposti a fondamento della class action pubblica, sottolinea e chiarisce che “l’azione per la violazione degli standard qualitativi presuppone la presenza di una definizione dei livelli qualitativi ed economici, che non siano semplicemente desumibili dalla natura e destinazione dei beni di cui si tratta, ma più, specificamente, “stabiliti, per i concessionari di servizi pubblici, dalle autorità preposte alla regolazione ed al controllo del settore”, ossia, nella fattispecie, dall’Autorità di Regolazione dei Trasporti (ART)”. Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dalle associazioni appellanti, “la destinazione pubblica del servizio non è un elemento sufficiente a definire i livelli qualitativi richiesti, atteso che l’azione collettiva non attribuisce la possibilità di agire in via generale avverso forme di inefficienza, ma necessita che i criteri di qualità siano chiaramente stabiliti dalle amministrazioni.”