Con la sentenza n. 5133 del 27 aprile 2022 il T.a.r. Lazio, V Sezione ha accolto il ricorso della ricorrente difesa dagli avvocati Stefano Vinti ed Elia Barbieri e ha annullato il diniego opposto dalla resistente fondazione rispetto l’istanza di accesso agli atti formulata dalla ricorrente. Il Tribunale, dunque, ha accertato l’esistenza del diritto all’accesso documentale in relazione alla documentazione indicata nella parte motiva dalla Comunità Romagna.
La questione in oggetto scaturisce dalla procedura di accreditamento per il Centro di servizio per il volontariato (CSV) nel territorio della Romagna, bandita e pubblicata ai sensi dell’art. 61 e 101, co. 6, terzo periodo del Codice del Terzo settore (d.lgs. 117/2017). La fondazione procedente intendeva individuare un’associazione riconosciuta dal Terzo settore da accreditare quale CSV nell’ambito territoriale delle province di Ravenna, Forlì, Cesena e Rimini.
Ai sensi dell’art. 64 del Codice del Terzo settore il presente ente è “una fondazione con personalità giuridica di diritto privato” che “gode di piena autonomia statutaria e gestionale nel rispetto delle norme del Codice del Terzo settore e del Codice civile”, che svolge funzioni di indirizzo e controllo dei CSV. Questi ultimi sono enti di diritto privato, che ai sensi dell’art. 63 del Codice hanno come scopo “organizzare, gestire ed erogare servizi di supporto tecnico, formativo ed informativo per promuovere e rafforzare la presenza ed il ruolo dei volontari negli enti del Terzo settore, senza distinzione tra enti associati ed enti non associati, e con particolare riguardo alle organizzazioni di volontariato, nel rispetto e in coerenza con gli indirizzi strategici generali definiti dall’ONC ai sensi del articolo 64, comma 5, lettera d)”. Essa, dunque, svolge nei loro confronti funzioni di indirizzo e controllo dei CSV, amministrando il FUN: il Fondo unico Nazionale, alimentato da alcune fondazioni di origine bancaria.
Alla selezione partecipavano due enti: la ricorrente e la controinteressata, poi risultata vincitrice. L’odierna organizzazione di volontariato difesa dagli avvocati Vinti e Barbieri, notificava, quindi, alla Fondazione richiesta di accesso agli atti “al fine di permettere la valutazione della difesa dei propri diritti nelle sedi giudiziali competenti e valutare un possibile ricorso”.
La Fondazione in oggetto, ritenendosi non tenuta all’applicazione delle disposizioni della l. n. 241 del 1990, accoglieva solo parzialmente la richiesta di accesso agli atti, e insieme alla controinteressata, svolgeva nel giudizio poi scaturito difese inequivoche. La resistente sosteneva di essere: “un ente di diritto privato, posto a capo di un sistema organizzato di soggetti privati che svolgono attività di natura privata; ed in tale contesto si collocherebbe la procedura per cui è causa, la quale avrebbe anch’essa natura privatistica”. Deduceva inoltre che il carattere privatistico della procedura non sarebbe smentito né dalla giurisdizione del giudice amministrativo (ex art. 66, co. 3 del Codice del Terzo settore), né dalla previsione dell’art. 64 co. 5 lett. i) del Codice, che recitando “individua criteri obiettivi ed imparziali e procedure pubbliche e trasparenti di accreditamento dei CSV, tenendo conto, tra gli altri elementi, della rappresentatività degli enti richiedenti, espressa anche dal numero di enti associati, della loro esperienza nello svolgimento dei servizi di cui all’articolo 63, e della competenza delle persone che ricoprono le cariche sociali”, rimanda a principi di pubblicità e trasparenza atti a governare le procedure di accreditamento dei CSV. In altre parole, i resistenti ponevano i presupposti per determinare l’esclusione dell’applicabilità delle disposizioni della legge 241 del 1990 in materia di accesso agli atti alla propria procedura di accreditamento in oggetto.
Nella sentenza, il T.a.r. Lazio invoca l’applicazione dell’art. 22, co. 1, lett. e) l. n. 241 del 1990 in combinato disposto con l’art. 64 del d.lgs. 117/2017. Mentre la prima disposizione circoscrive nel perimetro di “pubblica amministrazione” tenuta a concedere l’accesso ai documenti amministrativi anche i soggetti di diritto privato, “limitatamente alle loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario”, la norma del Codice del Terzo settore, invece, stabilisce che: “L’ONC è una fondazione con personalità giuridica di diritto privato, costituita con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al fine di svolgere, per finalità di interesse generale, funzioni di indirizzo e di controllo dei CSV […]”.
Dal dato normativo, il Collegio ha potuto sostenere che la presente fondazione, istituita con Decreto ministeriale al fine di perseguire l’interesse generale attraverso l’indirizzo e il controllo dei CSV, è tenuta ad individuare criteri obiettivi e imparziali attraverso procedure pubbliche e trasparenti di accreditamento e dunque, laddove le norme richiedano di individuare “criteri obiettivi ed imparziali” e di adottare “procedure pubbliche e trasparenti di accreditamento dei CSV”, ad avviso del Collegio le stesse non possono che rimandare a quelle “regole di pubblicità preventiva e successiva sugli esiti delle procedure comparative e a quei principi di trasparenza introdotti nel nostro ordinamento dalla legge”, posti dalla legge 241 del 1990 e dalla normativa in tema di trasparenza prevista nel nostro ordinamento.