Il Prof. Avv, Stefano Vinti lo scorso 26 maggio è intervenuto al webinar organizzato da Ricostruire e Lettera 150 sugli appalti pubblici ed il rilancio del settore delle costruzioni.
Al centro della discussione del seminario c’era la proposta di abolizione o ampia rivisitazione dell’attuale Codice dei Contratti Pubblici e la formulazione di proposte per rilanciare l’intero settore delle costruzioni, che allo stato versa in una evidente crisi. Cosa fare, quindi, per far ripartire l’Italia dopo la disastrosa pandemia che ha, inevitabilmente, arrecato un gravissimo danno anche al settore infrastrutturale?
Il Prof. Vinti si è, in primo luogo, soffermato sulla necessità di snellire, semplificare e velocizzare le procedure di gara.
Afferma, infatti, il Professore: “Va detto che vi sono opere, per miliardi di euro, già affidate ma ferme perché le stazioni appaltanti non hanno la cassa per pagare gli stati di avanzamento lavori; e sotto questo profilo basterebbe finanziarle per ottenere l’immediato riavvio delle attività di cantiere. È poi bene sapere che in Italia, in questo momento, vi sono almeno 30 mld di opere che aspettano solo di essere cantierate dopo che le rispettive gare di appalto bandite e concluse attendono (alcune da anni) solo la aggiudicazione ed il contratto. Basterebbe sollecitare con decisione le stazioni appaltanti, magari assegnando termini perentori per la conclusione dei procedimenti, e si avrebbe l’effetto di avviare numerosi cantieri di altre importanti commesse pubbliche, con un immediato volano per la occupazione”.
Vinti ha proposto, nello specifico, alcuni interventi mirati sull’attuale Codice dei Contratti Pubblici, che ha dimostrato di non essere uno strumento giuridico efficace ed incisivo in grado di far ripartire il settore infrastrutturale italiano.
Egli propone un primo ed immediato intervento su alcuni articoli cruciali del Codice in materia di procedure di gara ad evidenza pubblica.
- Appalti sopra soglia (cfr. art. 35 d.lgs. n. 50/2016): abrogazione definitiva o quantomeno sospensione dell’efficacia del codice dei contratti pubblici sino al 31 dicembre 2023, per gli appalti sopra soglia ed applicazione delle direttive europee in materia di appalti e concessioni con mantenimento in vigore del vecchio Regolamento approvato con DPR 5 ottobre 2010 n. 207 sino all’entrata in vigore del nuovo. Conseguente perdita di efficacia di tutte le linee guida ANAC e abolizione della stessa. Si tornerebbe ad un quadro normativo più chiaro, più certo più snello e decisamente meno infarcito di obiettivi estranei ai contratti pubblici che finiscono per rallentarne l’affidamento.
- Appalti di lavori sotto soglia: vigenza, oltre al Regolamento, della sola disciplina prevista dall’art. 36, comma 2, lett. C del d.lgs. n. 50/2016 (procedura negoziata con invito ad almeno 10 operatori) estesa agli appalti di lavori di importo tra i 150.000 euro e le soglie di rilevanza europea (5.350.000 euro), prevedendo la possibilità di indire la procedura anche sulla base di uno studio di fattibilità/progetto preliminare, lasciando all’appaltatore l’onere della progettazione di livello successivo (con facoltà dell’amministrazione di corrispondere l’acconto del 20% dell’importo dei lavori contestualmente all’approvazione dell’esecutivo da parte del committente); abrogazione della restante disciplina del codice. Si avrebbero affidamenti più veloci e soprattutto si velocizzerebbe la fase normalmente precedente l’indizione delle procedure, quella della progettazione.
- Sterilizzare l’anno 2020 ai fini del computo del fatturato utile ai fini della qualificazione SOA. Agevolare in generale la qualificazione SOA alleggerendo i requisiti e consentendo di far valere il fatturato dei dieci migliori anni degli ultimi venti. Si consentirebbe di lavorare e competere ad imprese storiche e qualificate ma penalizzate nei fatturati degli ultimi anni.
- Mitigazione del regime di responsabilità erariale per i dirigenti e i dipendenti pubblici per tutti i procedimenti amministrativi afferenti alla conclusione e all’esecuzione di contratti pubblici avviati dal 1 maggio 2020 sino al 31 dicembre 2023, innalzando la soglia di punibilità ai soli fatti dolosi (escludendo la colpa grave) ad eccezione delle ipotesi di arricchimento personale; con l’effetto di stimolare l’attività della burocrazia o comunque sterilizzare gli effetti paralizzanti del fattore paura.
- Previsione di un regime di validità ad hoc degli atti di diniego delle amministrazioni di cui all’art. 14 quinquies, comma 1, della l. n. 241/1990 (sovrintendenze, commissioni VIA, ASL, autorità di bacino etc.) che subordini l’efficacia del diniego alla controfirma dello stesso da parte del livello gerarchicamente superiore rispetto a quello ordinariamente competente; l’effetto sarebbe quello di ridurre i dinieghi irragionevoli.
- Introdurre la presunzione legale di continuità aziendale di 12 mesi per le aziende richiedenti finanziamenti bancari, in modo da sterilizzare la responsabilità penale dei funzionari bancari che erogano finanziamenti; responsabilità dai contorni troppo incerti (in violazione dell’art. 25 costituzione) e con l’unico effetto di paralizzare in concreto l’accesso al credito. Si agevolerebbe in modo significativo l’accesso al credito.
Il Prof. Vinti spiega, inoltre, quali sono le cause della vischiosità e della lungaggine che deprime da tempo l’intero settore dei contratti pubblici e, quindi, l’intero sistema infrastrutturale italiano.
Afferma il Professore: “Sbaglia vistosamente chi attribuisce al giudice amministrativo il blocco o anche solo il ritardo nell’avvio dei lavori, perché il processo amministrativo è veloce ed efficace. Non sono dunque i tre mesi di processo amministrativo a rallentare le opere, ma semmai l’inerzia degli amministratori che, pur in assenza di provvedimenti del giudice che sospendano la procedura di gara, bloccano il procedimento sino alla definizione del giudizio con sentenza di merito di secondo grado. E, pur in assenza di ricorsi, impiegano anni per approvare progetti, bandire gare, verificare le offerte presuntivamente anomale e aggiudicare i contratti.”
Vinti addebita, principalmente, le ragioni alla base del ritardo nelle procedure a due questioni: la responsabilità erariale e l’eccessiva regolamentazione nella fase di gara delle procedure.
In ordine alla prima questione, il Professore rileva come l’attuale regolamentazione della responsabilità erariale, anziché responsabilizzare il funzionario pubblico, sortisce l’effetto opposto.
Sul punto afferma: “La responsabilità erariale innanzitutto, specie per come interpretata nel nostro ordinamento, contribuisce non poco a paralizzare l’attività dei pubblici poteri, perché, a fronte di innumerevoli procedimenti volti a rivisitare anni dopo le scelte del funzionario, peraltro senza tener conto del contesto fattuale in cui si trovava ad operare, non risulta avviato procedimento alcuno volto a sanzionare l’inerzia; con l’inevitabile messaggio, per chi amministra, che il modo migliore per evitare guai non è assicurare in modo efficiente la funzione cui si è deputati quanto piuttosto non fare nulla e, soprattutto, non firmare nulla.
Occorre dunque sbloccare immediatamente tutti i procedimenti di gara in corso, relativi ad opere e servizi per i quali vi è già lo stanziamento necessario, e che attendono solo di essere cantierati, circoscrivendo la responsabilità dei funzionari”.
Per quanto concerne la seconda questione, il Professore afferma, a più riprese, come l’attuale ipertrofica regolamentazione della gara pubblica, non solo risulta essere assolutamente inadeguata ma, allo stesso tempo, risulta completamente al di fuori delle finalità e degli obiettivi propri della stessa.
Al riguarda dichiara: “Bisogna una volta per tutte snellire la disciplina delle gare affrancandola da una serie di compiti che il legislatore ha impropriamente trasferito alle stazioni appaltanti e che ne appesantiscono l’attività contribuendo a moltiplicare il contenzioso.
Sono state introdotte cause di esclusione dalla gara fondate su vicende penali non ancora accertate con una sentenza passata in giudicato, che hanno dato ingresso nell’ordinamento italiano a provvedimenti amministrativi fondati su semplici ipotesi di reato, anche tentato, in deroga al principio costituzionale di non colpevolezza sino al definitivo accertamento del fatto criminoso all’esito del contraddittorio processuale.
Il legislatore ha preteso di ribaltare sulla stazione appaltante, chiamata ad operare in via preventiva nel procedimento di gara in base a un giudizio prognostico e inevitabilmente parziale del fatto, quello che dovrebbe fare il giudice penale nel corso del processo con le garanzie del contraddittorio nella formazione della prova.
Analoghe interferenze che pregiudicano lo svolgimento delle gare e moltiplicano il contenzioso sono da ascriversi ad altri compiti impropriamente riversati sulle stazioni appaltanti quali l’accertamento della regolarità fiscale e di quella contributiva. Anche in questo caso lo Stato, incapace di perseguire i propri obiettivi in modo ordinato e mediante l’utilizzo di strumenti ordinari e propri, finisce per affidarne la cura, peraltro episodica, alle stazioni appaltanti, facendo delle procedure di gara un imbuto all’interno del quale sversare compiti e funzioni per i quali non sono minimamente attrezzate e che meriterebbero una cura non meramente occasionale.”
Appare fondamentale, rileva il Professore, affrancare la Stazione Appaltante dal perseguire obiettivi ad essa estranei, che richiedono la competenza e l’intervento dell’autorità giudiziale, la quale tra l’altro dispone anche di poteri interdittivi.
Appare quindi, secondo Vinti, estremamente infelice la scelta del Legislatore di addossare una serie di accertamenti penali e/o contributivi alle S.A. che molte volte non sono assolutamente in grado di adempiere siffatti oneri. Tutto questo, si badi, in spregio ai più elementari principi di certezza del diritto. In conclusione, il Professore auspica una maggiore semplificazione delle procedure e del complessivo corpus giuridico che regola le procedure di gara ad evidenza pubblica, in modo tale da predisporre una regolamentazione fedele ad un medesimo disegno funzionale. Solo così, secondo il Prof. Avv. Stefano Vinti si può davvero ripartire.